20dfab073cb613fd8cb07241189591df72e944ca

 © 2023 - Storia, Storie evVita.it

Storia, Storie evVita.it

Privacy & Cookie Policy - Termini e Condizioni

«La storia esiste solo se qualcuno la racconta» Tiziano Terzani 

c73f0de51aa187f721a748b4f4f0d7d691063c83

"Ben poche cose accadono al momento giusto, e il resto non accade affatto. Lo storico coscienzioso correggerà questi difetti.” Erodoto

Fare Storia

"Historíai" è considerata la prima opera storiografica, scritta nel V° secolo a.C., nella quale Erodoto tra le altre cose ha indagato sulle motivazioni dell'eterno conflitto tra oriente e occidente. E' da allora che il termine è uscito dal suo ristretto ambito -in greco antico significava appunto indagine, ricerca e l'uso era quasi esclusivamente giuridico- per indicare un concetto, un'attività che fino a quel momento non aveva un nome, la STORIA, fare STORIA.

7bc61bbf142e0b689e8a279a4547dd8361f6ca6b

Flavio Teoderico, detto "il Grande",  sovrano del Regno (ostrogoto) d'Italia

Da Odoacre a Teodorico

Odoacre fu colui che portò alla deposizione dell'ultimo imperatore romano d'Occidente, Romolo Augustolo. Fu il primo barbaro a regnare su Roma, ma poi, per vari motivi anche di ordine politico, Zenone, imperatore d'Oriente, mandò in Italia Teodorico e i suoi Ostrogoti per deporlo e prenderne il posto. Teodorico (o più correttamente Teoderico), pur essendo un Goto,  non era affatto un barbaro  -se proprio si vuol seguire l'accezione spregiativa del termine- ma un uomo colto che ben conosceva il mondo romano, essendo stato adottato, allevato e istruito dalla corte bizantina. Fu il secondo re "barbaro" di Roma e re del regno degli Ostrogoti (Regno d'Italia) fino all'invasione di Giustiniano con la devastante guerra greco-gotica. Importante il suo contributo culturale, in campo architettonico e letterario, per Roma, ma soprattutto per Ravenna, dove ancora oggi si può visitare il suo Mausoleo. Siamo agli albori del "buio e tetro" alto medioevo (tra il quinto e il sesto secolo d.C.).

630bcfbf946a6c06ccb686e389745f08a0c9004d

"La verità non cambia perché è o non è creduta dalla maggior parte delle persone." Ipazia di Alessandria

Ipazia, una donna scomoda

Vissuta tra il 4° e il 5° secolo d.C. IPAZIA era una donna colta,  grazie al padre che la fece studiare (privilegio delle figlie e/o mogli di uomini di cultura), che divenne, suo malgrado, famosa ed influente. Insegnava nella prestigiosa scuola di Alessandria ad allievi di ogni genere - pagani, cristiani, ebrei- che la amavano e stimavano molto. Ma ovviamente non era tutto idilliaco, perché in quei tempi il cristianesimo in espansione non aveva un rapporto facile -né felice- col paganesimo, soprattutto in luoghi significativi per i cristiani. Sullo scranno patriarcale di Alessandria arriva un vescovo, Cirillo, che deciderà infatti di tenere coi pagani una linea durissima, nel pieno rispetto del filone di pensiero cristiano che -letteralmente- li affiancava al Demonio. C'erano in gioco, ovviamente, questioni politiche ed economiche, di controllo del territorio e dei commerci marittimi, ma questi erano aspetti che avevano scarsa presa sul popolo (il Demonio era certo più interessante!). La sfortuna di Ipazia non è stata solo vivere ad Alessandria, uno dei patriarcati cristiani, ma essere nota, influente, di riferimento per una fascia di popolazione piuttosto variegata e importante. I suoi insegnamenti, come avveniva normalmente allora, erano anche morali, di vita. Una persona scomoda e pericolosa, insomma, e per di più donna. E quindi ecco il suo efferato e crudele assassinio, che ovviamente non fu imputabile a Cirillo ma a un gruppo di esagitati. Il motivo formale? Ma era una strega!

d8a553527d279105dee65b0b13de1100364c6642

"Spogliati dell'orgoglio, tu che desideri godere di un amore durabile!" Publio Ovidio Nasone, Ars Amatoria

La censura e la "dolce inerzia"

La censura moralistica fu inaugurata in Europa al tempo dei romani, ed il suo uso era strettamente legato al potere. Augusto (Ottaviano) si fece attribuire la carica di censore, e oltre alle varie manovre politiche per assicurarsi un "regno" imperiale solido, emanò leggi censorie, le Leges Iuliae, tra il 18 aC e il 9 dC, nelle quali rimase imbrigliato ben bene anche Ovidio a causa della sua opera sull'arte di amare ("Ars amatoria") che aveva avuto incredibile successo ed era figlia dei suoi tempi. Ecco la questione. I tempi iniziarono a cambiare, e i venti censori da allora continuarono con altri imperatori che via via se la presero ora con Omero (Caligola), con Aristotele (Caracalla), con i libri cristiani (tutti i persecutori, in particolare Diocleziano) e poi -quando il cristianesimo era ormai diventato religione ufficiale- con i libri e le opere pagane. Lo storico Tacito sosteneva che la conseguenza più notevole di questo impulso persecutorio fosse incutere timore, soprattutto ai meno coraggiosi. Definì questo fenomeno "inertiae dulcedo" la DOLCE INERZIA, la rinuncia accomodante a correre rischi, per risparmiarsi conflitti e preoccupazioni. Codardia? I tempi erano difficili. Ovidio, per esempio, fu esiliato e la sua opera non scomparve solo grazie ad alcuni dei suoi lettori. In altri numerosi casi le fiamme sono invece riuscite a compiere il loro sciagurato dovere.

039a76729f667c1bda45dabc77bd0691b4a2d72f.jpeg

"Se torturi i numeri abbastanza a lungo, confesseranno qualsiasi cosa." Gregg Easterbrook

Numeri

I numeri che utilizziamo tutti i giorni sono arabi, anzi, indiani. C'è stato un processo, lungo e complesso, tramite il quale la numerazione indiana, attraverso i musulmani che avevano conquistato anche parte dell'India, è arrivata in occidente e ha soppiantato quella romana. I divulgatori furono diversi studiosi di astronomia e (soprattutto) di matematica, anche musulmani. Uno piuttosto famoso è al-Khuwarismi, dal cui nome deriva tra l'altro la parola “algoritmo”. In occidente, dove a quei tempi il sapere era riservato, per vari motivi, ai chierici, si distinse Gerberto di Aurillac (nato nel 950 c/ca), che a Barcellona entrò in contatto con la cultura musulmana. Studiò l'algebra araba oltre alle discipline tipiche occidentali del quadrivio (aritmetica, geometria, astronomia, musica), e i calcoli che riuscì a fare con i numeri arabi erano talmente complessi da risultare decisamente ostici, difficili da digerire, per chi usava i numeri romani (e l'abaco!). E' arrivato poi un italiano a dare un contributo decisivo. Leonardo Fibonacci (1170-1240 c/ca), pisano, figlio di un mercante, studiò prima in Algeria, poi a Costantinopoli, la matematica dei musulmani. A Bejaia in particolare il padre lo fece studiare nella scuola di Ragioneria dove, parole sue, “fui introdotto all’arte dei nove simboli indiani attraverso un insegnamento ragguardevole; la conoscenza di quest’arte ben presto mi piacque sopra ogni altra cosa ed io ebbi modo di comprenderla …”. In Italia studiò ancora grazie al mecenatismo di Federico II, lo Stupor Mundi, e scrisse tra le altre opere il “Liber abaci” con cui introdusse la nuova numerazione. Da qui la strada era segnata, pur se questa enorme novità spaventava e trovava ostacoli (nel 1280, per esempio, a Firenze venne proibito l'uso dei nuovi numeri per la forte diffidenza verso il misterioso zero... sospettato di essere impiegato in messaggi segreti ingannatori inviati ai fiorentini dai pisani).  Ci fu poi una decisa accelerazione legata all'invenzione della stampa, evento epocale se si pensa anche alla sua influenza sulla scrittura, e di conseguenza sulla lingua.

1508a87843826761557f2effc798f4db8ee5a600

"Ecco, io ve lo conduco fuori, perché sappiate che non trovo in lui nessuna colpa."  Ponzio Pilato

Il Gesù storico

La storia del cristianesimo è la storia dell'Europa, non solo religiosa ma anche (direi quasi soprattutto) sociale, economica, politica. Talvolta però si dimentica, magari pensando che sia solo "mito" o costruzione, che ai suoi albori c'è la storia di un Uomo realmente esistito, Yehoshua ben Yosef detto Gesù. Le fonti sulla sua vita sono pochissime, purtroppo. Ci sono i vangeli, alcuni dei quali (i sinottici, Marco, Luca e Matteo) riportano dettagli su cosa faceva e diceva, che potrebbero però essere considerati poco oggettivi. Ma esistono anche fonti esterne,  non provenienti dall'ambito cristiano ma da storici di allora,  come gli scritti di Giuseppe Flavio (che parla della "solita setta ebraica"),  di Tacito (che cita l'episodio dell'incendio di Roma del 64 dC per il quale Nerone dette la colpa ai cristiani "seguaci di un personaggio suppliziato da Pilato sotto Tiberio"), di Svetonio (che scrive di giudei cacciati dall'imperatore Claudio poiché si sollevarono sotto istigazione di un certo Cresto, temine usato in alternativa a Cristo nelle fonti antiche), e di Luciano di Samostata (che ironizza sui cristiani truffati da un certo Proteo, e si riferisce a Gesù come a un sofista che è stato crocifisso). La ricostruzione della vita di Gesù ha impegnato molti storici, tra cui segnalo Mauro Pesce che ha scritto "L'Uomo Gesù" con l'antropologa Adriana Destro e "Inchiesta su Gesù" con Corrado Augias.

8616165d43f729450ddba698b454a7c7d586214b

"Noi troveremo una strada. Oppure ne apriremo una nuova."  Annibale Barca

Annibale, che fece tremare Roma

Dopo la prima guerra punica Cartagine aveva pattuito con Roma una resa che prevedeva l'invalicabilità del fiume spagnolo Ebro, all'altezza dell'attuale Saragozza. Era però così tanta la voglia di rivincita della famiglia Barca (Amilcare, Asdrubale, Annibale), che per fomentare nuovi scontri venne trovato un pretesto e conquistata Sagunto, formalmente dalla parte cartaginese ma alleata di Roma. Annibale la conquistò nel 218 aC ma Roma non intervenne. Allora Annibale pensò di tentare lo stesso l'attacco via terra per cercare di coinvolgere le popolazioni italiche via via incontrate e partì con 100mila uomini e 37 elefanti. Il progetto, ambizioso e rischioso oltre ogni dire, riuscì e cartaginesi ed elefanti passarono le Alpi, batterono i romani, arrivarono prima fino al lago Trasimeno e poi a Canne (Puglia) dove furono ancora vittoriosi. Era il 216 e per Roma sembrava finita. I romani poi riuscirono a stabilizzare la situazione recuperando alleati e limitando il danno, ma la svolta però ci fu solo con la successiva terza guerra (punica) e la distruzione di Cartagine. Risolutivo il contributo di Publio Cornelio Scipione Emiliano, membro adottivo della famiglia degli Scipioni, detto poi l'africano in "onore" dell'impresa e della conquista di una nuova provincia. Cartagine fu rasa al suolo e ancora gli storici dibattono sul perché di una tale decisione e di tanta ferocia. Certo, dopo la paura e il brutto colpo, con questa dimostrazione di forza i romani chiusero definitivamente la "questione cartaginese".

c94cd95b3e646fcbe7e13439ade3a5493567934f

"Le bandiere sventolano e fanno movimenti sempre diversi come se parlassero. C’è qualcosa di fanciullesco in esse. Parlano al vento e al cielo. Come i bambini." Fabrizio Caramagna

Storia di una bandiera

La bandiera italiana nacque come segno identificativo militare, nel 1796, per distinguere il contingente italiano da quello francese di Napoleone. Il blu francese venne sostituito dal verde, colore delle uniformi della guardia civica milanese che simboleggiava i volontari che combattevano per l'Italia. In seguito venne adottata, a Reggio Emilia, come vessillo della repubblica Cispadana, il 7 Gennaio 1797. Abolita nel 1814 con la sconfitta di Napoleone, non fu però dimenticata e i Savoia del Regno di Sardegna la adottarono nel 1848 inserendoci uno scudo. Già durante le guerre di indipendenza fu innalzata contro gli austriaci, a simboleggiare quello spirito unitario che aleggiava, e fu cosa naturale, nel 1861, farla diventare bandiera del nuovo Regno d'Italia. Con la proclamazione della Repubblica, nel 1946, lo scudo fu tolto.

bbf82d99c9c2a925044132160dc58eb26d44bab4.jpeg

I vagiti dell'italiano in una sentenza di usucapione

Sao ko kelle terre...

Nel marzo del 960 a Capua viene discussa una causa davanti al giudice Arechis riguardante il possesso di alcune terre occupate dall'abbazia di Montecassino, rivendicato da un signore di Aquino. Si tratta però di terre che il monastero gestisce da più di trent'anni, divenute così di sua proprietà per usucapione. A sostegno della propria posizione l'Abate porta tre testimoni, ai quali il giudice fa pronunciare una formula che viene riportata identica per quattro volte nel verbale redatto in latino:  "Sao ko kelle terre, per kelle fini que ki contiene, trenta anni le possette parte S(an)c(ti) Benedicti" (traduzione: so che quelle terre, entro quei confini che qui si descrivono, trent'anni le ha tenute in possesso la parte in causa -il monastero di- San Benedetto)."   Il notaio Adenolfo, che redige l'atto sotto dettatura del giudice Arechisi, distingue chiaramente e intenzionalmente, per motivi giuridici -e per gioia dei linguisti- queste dichiarazioni in volgare dal latino delle altre parti. Il verbale, il cosiddetto PLACITO CAPUANO, è arrivato fino a noi ed è considerato il più antico testo in volgare, l'atto di nascita ufficiale della lingua italiana.

 © 2023 - Storia, Storie evVita.it

Privacy & Cookie Policy - Termini e Condizioni