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«Le parole hanno il potere di distruggere e di creare. Quando le parole sono sincere e gentili possono cambiare il mondo» Buddha
āleph , bēth, gīmel, daleth - alfa, beta, gamma, delta - a, b, c, d
L'origine della scrittura è molto incerta. Sembra sia legata, come la sua evoluzione, a motivi pratici, come la necessità di elencare cose, redigere inventari, tenere conti e/o riportare relazioni di fatti, avvenimenti. Nasce in Mesopotamia per poi diffondersi in Egitto, India e Cina, 6.000 anni fa. All'inizio si usano disegni, prima di cose concrete e poi di concetti astratti. Ma gli oggetti e i concetti sono troppi, e si arriva quindi ad un passaggio epocale, si pensa di rappresentare NON direttamente le cose ma i suoni delle parole. Un metodo nuovo e rivoluzionario che affianca a pittogrammi e ideogrammi le lettere dell'alfabeto. Un sistema complesso e in mano a pochi, poi semplificato dai Fenici che arrivarono ad un insieme limitato di segni guidati (anche loro) da esigenze pratiche (la semplificazione, infatti, non sarebbe probabilmente piaciuta agli antichi scribi). Siamo nel 1250 aC circa e dall'alfabeto fenicio si arrivò all'aramaico e poi all'ebraico arabo e indiano. Quella stessa matrice originò poi il greco, per il quale furono mantenuti più o meno i suoni delle lettere (āleph divenne alpha, bēth divenne bêta, gīmel divenne gamma, daleth divenne delta, etc.). Una curiosità: i greci utilizzarono parte dei simboli per creare le vocali, che il fenicio non aveva (si dovevano “indovinare”). L'alfabeto greco poi, sembra attraverso gli Etruschi attorno al VIII sec aC, ha influenzato quello latino.
[au-to-da-fé] n.m. invar.
1. (st.) all’epoca dell’Inquisizione, solenne atto d’abiura pronunciato da un eretico processato e pentito; anche, l’esecuzione al rogo di un eretico che avesse rifiutato di pronunciare l’abiura.
2. (non com.) rogo con cui si distrugge polemicamente qualcosa.
Se pensate che si tratti di una vecchia parola da polverosi e noiosi libri di storia, vi sbagliate (due volte, anche per "noiosi"). La si usa ancora, anche se non comunemente e diffusamente, per indicare in senso figurato il rogo, ma anche l'attacco che distrugge, che annichilisce fino alla negazione assoluta. Per fare degli esempi, può esserci l'autodafé mediatico, quindi pubblico (nel rispetto del primo significato), di un'esternazione razzista o sessista, l'autodafé dello studioso riguardo ad una verità che sembra assodata, o, per estensione, l'autodafé che noi stessi facciamo di una fase della vita, di un qualcosa che non ci appartiene più, di cui ci vogliamo sbarazzare, o che agonizza in attesa del nostro pietoso colpo di grazia. Atto simbolico efficace, perché rafforza l'intenzione e la volontà che non di rado, di fronte ai potenti "nemici" interiori (spesso gli unici), potrebbero rivelarsi "sdrucciolevoli", ingannevoli, subdole.
"Il servizio è una finestra sull’ignoto." Lars Gustafsson
Uno dei motivi per cui il tennis ha fama di essere uno sport d'elite potrebbe trovarsi dentro la sua storia. Nel suo momento di maggior successo, in Francia, era talmente praticato che fu addirittura proibito agli artigiani nei giorni lavorativi e ai chierici, soprattutto se giocato in camicia (!) e in pubblico. In pratica a quel tempo (siamo nel XV secolo) potevano giocarlo liberamente solo gli aristocratici. In Francia esisteva da tempo (si pensa già dal XII secolo) ma si giocava in modo molto diverso da oggi: con le mani nude o inguantate (da qui il suo nome jeu de paume-gioco di palmo), in posti molto diversi e sempre all'aperto (prati, piazze, cortili), in “campi” separati da una semplice linea. Si è mantenuto così molto a lungo. Ci sono poi, verso il 1530, testimonianze sull'uso di racchette fatte con corda di canapa o di budello, su regole precise di punteggio (simili alle odierne), sull'uso di una corda di separazione dei campi a cui venivano appesi dei campanelli che suonavano quando la palla passava sotto. Poi pian piano la corda diventa una rete, e si inizia a giocare al chiuso, in sale di lunghezza adatta (da ricordare la sala della pallacorda, dove nel giugno del 1789 si ritrovò il "terzo stato"). L'età dell'oro di questo sport fu tra il 16simo e il 17simo secolo dove, per riagganciarci a quanto già detto, furono gli aristocratici a decretarne il gran successo, facendolo diventare prestigioso e aumentando la propria fama grazie alla bravura e spettacolarità nel gioco. Intorno al tennis nascevano anche le attività economiche e i giocatori-professionisti. Dopo un declino, travagli e sopravvivenze lo ritroviamo in Inghilterra dove, nel 1874, fu pubblicato il primo regolamento che segna la nascita del tennis moderno. Il suo nome, però, rimane legato al francese, da tenez=tieni, prendi! ...ciò che il giocatore urlava al suo avversario effettuando il servizio.
“Niente può durare per sempre: il sole, quando il suo corso è completo, si nasconde dietro il mare; la luna, una volta piena, ora svanisce. Pertanto, le ferite dell’amore guariranno e le fresche brezze soffieranno ancora una volta”.
Del latino parlato in tempi antichi non abbiamo registrazioni, purtroppo. Sarebbero preziose per chi studia il passaggio dal latino all'italiano, visto che le trasformazioni sono avvenute con l'oralità, dal latino cosiddetto "volgare", del volgo. Una delle (poche) fonti sono le scritte sulle mura dei “latin writers” romani. A Pompei, ma non solo, si scrivevano sui muri delle case, all'interno e all'esterno, le cose più diverse: avvisi elettorali, pubblicità, messaggi di vario genere (anche d'amore), insulti, scherzi, poesie. Si scriveva come si parlava, in questo la loro importanza per gli studiosi. Delle scritte pompeiane sono giunte a noi molte testimonianze, "grazie" all'eruzione del Vesuvio del 79 dC che ha, come molte catastrofi nella storia, fermato il tempo.
"Nolite dare sanctum canibus neque mittatis margaritas vestras ante porcos ne forte conculcent eas pedibus suis et conversi dirumpant vos." - “Non date ai cani ciò che è sacro e non gettate davanti ai porci le vostre perle perché non le calpestino con le zampe e rivoltandosi non vi assaliscano”. Vangelo di Matteo (7,6)
Questo passo è stato interpretato in molti modi, cose preziose che vengono date a chi non le merita o è incapace di valutarle, verità che vanno mantenute segrete perché la loro diffusione è pericolosa, visioni elitarie, ingratitudine, etc. Al di là della sua inquadratura nella storia, nella religione o nella filosofia, questa rimane comunque una frase che fa parte del patrimonio comune di cultura e saggezza, che contiene consigli molto salutari. Ad ognuno, quindi, l'interpretazione più efficace e utile per la propria vita.
Dallo scorrere un rotolo di pergamena allo "scrolling" di un sito internet...un antico modo di leggere che ritorna.
Il passaggio dai rotoli di pergamena ai libri si è portato dietro anche molti termini nati per e con loro. Gli aggettivi LUNGO ed ESTESO (vi eravate mai chiesti perché si dice "un libro lungo"?), la parola VOLUME derivante dal latino volvo che indicava l'azione di far girare, ruotare, avvolgersi, l'espressione spagnola “es un rollo (rotolo)" usata per dire “è noioso, non finisce mai”. E poi la parola SCROLL che in inglese significava “rotolo manoscritto” e oggi si usa per la familiare attività di far scorrere un testo sugli schermi dei nostri pc, telefonini, tablet. Passaggi curiosi, no?
Lo stile architettonico “gotico” deve il suo nome a Giorgio Vasari, che nelle sue “Vite" (de' più eccellenti pittori, scultori ed architettori) lo attribuì al popolo tedesco dei Goti con tono spregiativo, per distinguerlo dal precedente predominante stile romanico. Una netta contrapposizione tra la regolarità dello stile legato alla romanità, essenziale ed ordinato, e la "barbara" e confusionaria “novità”. La cosa curiosa è che, nonostante questo battesimo non proprio glorioso, e nonostante le sue basi parzialmente errate (non furono i Goti ad ideare lo stile pur se ne fecero utilizzo), il nome è rimasto.
"Ècci un’altra specie di lavori che si chiamano tedeschi, i quali sono di ornamenti e di proporzione molto differenti dagli antichi e da’ moderni; né oggi s’usano per gli eccellenti, ma son fuggiti da loro come mostruosi e barbari, dimenticando ogni lor cosa di ordine – che più tosto confusione o disordine si può chiamare –, avendo fatto nelle lor fabriche, che son tante ch’ànno ammorbato il mondo, le porte ornate di colonne sottili et attorte a uso di vite, le quali non possono aver forza a reggere il peso di che leggerezza si sia. E così per tutte le facce et altri loro ornamenti facevano una maledizzione di tabernacolini l’un sopra l’altro, con tante piramidi e punte e foglie, che, non ch’elle possano stare, pare impossibile ch’elle si possino reggere, et hanno più il modo da parer fatte di carta che di pietre o di marmi. Et in queste opere facevano tanti risalti, rotture, mensoline e viticci che sproporzionavano quelle opere che facevano, e spesso con mettere cosa sopra cosa andavano in tanta altezza che la fine d’una porta toccava loro il tetto. Questa maniera fu trouata da i Gotthi, che per hauer ruinate le fabriche anciche, e morti gli architetti per le guerre. Fecero dopo lo loro che rimasero le fabriche di questa maniera; le quali girarono le volte con quarti acuti, e riempirono tutta Italia di questa maledizione di fabriche: che per no hauer ne a far più s’è di messo ogni modo loro Iddio scampi ogni paese da venir tal pensiero, e ordine di lauori, che per essere eglino talmente difformi alla bellezza delle fabriche nostre, meritano che non ne se ne favelli più, che questo." Giorgio Vasari
"Il mondo è iniziato senza l'uomo e troverà il suo compimento senza di lui." Claude Lévi Strauss
Levi Strauss non ha bisogno di presentazioni, tutti sanno che è la famosa azienda americana produttrice di abbigliamento e jeans che ha preso il nome dal suo fondatore. In realtà il giovane che dalla Germania si trasferì in America e poi fondò l'impero economico che conosciamo si chiamava Löb Strauß, e comprensibilmente pensò di adattare il proprio nome alla pronuncia inglese per semplificarlo a beneficio dei suoi nuovi connazionali. Siamo alla metà del 1800 e deve ancora passare del tempo prima che nasca colui che invece si chiamava proprio Lévi-Strauss, quel Claude che doveva diventare esponente importantissimo dell'antropologia, uno dei maggiori intellettuali del novecento, fondatore del cosiddetto “strutturalismo francese”. Nei suoi studi non prendeva in considerazione le strutture sociali come alcuni suoi predecessori, ma quelle del pensiero, un inconscio soggiacente influenzato dai miti, dai racconti, dalle narrazioni, dalle parentele. Qualcosa che determina strutture di pensiero simili in popolazioni diverse e lontane tra loro, una sorta di matrice logica comune. Il suo pensiero ha influenzato le scienze sociali, la filosofia, la psicologia, la politica e, ovviamente, la storia. Una curiosità: il giovane Claude in una lettera ai genitori chiede loro di rispondere scrivendo al Prof. Claude L. Strauss, "giacché la New School mi ha levato una parte del cognome essendo Levi Strauss il nome di un popolare fabbricante di impermeabili".
“Se otterremo ancora una vittoria sui Romani saremo completamente perduti”. Pirro, in risposta a chi si congratulava con lui.
Pirro, re dell'Epiro (una zona geografica e storica tra la Grecia e l'Albania) , uomo ambizioso che si vantava di discendere sia da Achille che da Eracle, nel 280 aC rivolse la sua attenzione all'Italia che si trovava in gran parte sotto il controllo dei romani. La città di Tarentum, l'odierna Taranto, gli chiese aiuto contro Roma e lui, che non chiedeva di meglio, accorse con 20mila uomini e 20 elefanti e sconfisse i romani a Eraclea. La sua fu però una vittoria di misura che gli costò enormi perdite, ottenuta in gran parte per merito degli elefanti che terrorizzarono i legionari. E così, mentre lui rimase con un esercito praticamente ridotto a metà, i romani si riorganizzarono e nel 275 lo sconfissero definitivamente a Maleventum, che in quell'occasione viene ribattezzata Beneventum (evento felice). Gli elefanti, invece, non furono uccisi ma portati a Roma per sfilare durante la celebrazione del trionfo.
“Ricorda che non ottenere ciò che vuoi è a volte un meraviglioso colpo di fortuna.” Dalai Lama
Tra le diverse ipotesi sull'origine del 17 come numero sfortunato c'è quella legata al corrispondente romano, XVII. Nella Roma antica si usava scrivere sulle tombe "VIXI", "ho vissuto", intendendo "sono morto". Ma nel Medioevo questa scritta era confusa dai molti semi-analfabeti con il numero romano XVII che ne è l'anagramma. Non certo un abbinamento considerato favorevole, soprattutto in tempi così superstiziosi. C'è anche una spiegazione legata alle scritture, perché nella Genesi il giorno 17 del 2° mese dell'anno seicentesimo della vita di Noè è indicato come inizio del diluvio universale. L'avversione per il venerdi è legata invece alle origini del cristianesimo, con due spiegazioni diverse: di venerdi è morto Gesù, ma è anche un giorno speciale per i pagani (celti, greci, egizi, e anche romani). Per i cristiani, quindi, doppio motivo per temerlo e osteggiarlo. Per finire una nota "geometrica". Il 17 era considerato infausto da Pitagora e dai suoi seguaci perché si trova tra i numeri 16 e 18 che rappresentano i quadrilateri perfetti 4×4 e 3×6.
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